PRINCIPALI FASI DELLA TRASFORMAZIONE URBANA
 
 
 
  0 SCHEMA GENERALE
 
  1 FORMAZIONE DELLA CITTA INDUSTRIALE
    XIX secolo
 
  2

FORMAZIONE DELLE
AREE URBANE E METROPOLITANE

    1900-1970
 
  3

CITTA' DIFFUSA,
RIUSO E RIQUALIFICAZIONE

    1970 - OGGI
 
 
 

Scheda 9FORMAZIONE DELLE AREE URBANE E METROPOLITANE XX secolo fino agli anni '70

Piano Regolatore
1931
 
Zoom sulle aree del Laboratorio Progettuale
 

ANTEFATTI

 Nel 1916 , a meno di sette anni dall’approvazione del Piano di Sanjust l’Amministrazione capitolina ora espressione di maggioranze opposte a quelle che avevano sostenuto il Sindaco Nathan, istituisce una commissione tecnica per la sua revisione. Ne fa parte tra gli altri Gustavo Giovannoni: le sue posizioni contrarie alle demolizioni e all’”haussmanizzazione” del centro storico e favorevoli invece al recupero e alla tutela dei monumenti, alla eliminazione di superfetazioni ed edificazioni improprie attraverso il “diradamento”, sono ampiamente espresse nella relazione consegnata due anni dopo (1918). Inizia da ora il progressivo smantellamento del Piano di Sanjust.

Il primo passo è la sostituzione dei villini con le palazzine.

Nel 1920, per fronteggiare “la crisi delle abitazioni” dovuta alla guerra, viene emanato un Regio Decreto di modifica del Regolamento edilizio del 1912 che all’art. 1 stabilisce: “sulle aree destinate a villini dal Piano regolatore e di ampliamento in vigore potranno costruirsi delle palazzine, purché i proprietari inizino i lavori di fabbricazione entro i sei mesi dalla approvazione delle presenti norme , e li compiano entro i diciotto mesi successivi”. Così, con la formula del premio di fabbricazione, in funzione anticongiunturale, viene introdotto il nuovo tipo edilizio della palazzina. Le sue caratteristiche tecniche sono:

  • -         Si può coprire più di ¼ del lotto [il limite massimo di ¼ era stato stabilito dal regolamento edilizio del 1912] purché i rispetti laterali dai confini dei lotti attigui siano almeno di 5,80 m su tutti i fronti. Tuttavia con un comma successivo si stabilisce che “L’Amministrazione Comunale potrà a suo giudizio insindacabile consentire che le costruzioni sorgano sul filo stradale”. Questa facoltà è divenuta poi una costante.
  • -         Il numero dei piani è di tre “oltre il rez de chaussée il quale non potrà essere sopraelevato più di tre metri dal suolo od oltre il piano terreno per uso di botteghe”. In sostanza 5 piani compreso il piano terreno ad uso commerciale.;
  • -         L’altezza massima dell’edificio è stabilita in 19 m “salvo parziali sopraelevazioni che rendano armonico e variato il profilo dell’edificio, a giudizio dell’Amministrazione Comunale”
  • -         Il fronte sulla strada non deve eccedere i 25 m, ma l’Amministrazione può concedere ulteriori 10 m (fino a 35) purché con ritiri in profondità di almeno 4 m “sicché in ogni modo i fabbricati non assumano proporzioni troppo vaste e tali da alterare il tipo delle costruzioni”.

Da allora il tipo edilizio della palazzina ha avuto grande fortuna “non solo presso i proprietari dei suoli ma anche presso gli inquilini. Divenne infatti il tipo edilizio preferito dalla borghesia romana” [1] e nel secondo dopoguerra è stato assai diffusamente utilizzato per costruire quella che il nuovo piano regolatore del 2003 chiama “città consolidata”. Le possibili concessioni del 1920 sono diventate, nei decenni successivi pratiche costanti, a volte sancite dai regolamenti successivi, e le “palazzine”, con i loro piani terreni di negozi, i quattro piani più attico, i balconi e i distacchi risicati dai quali spunta un po’ di verde sono oggi il paesaggio tipico di molti quartieri della città.

Nel 1923 il Sindaco Filippo Cremonesi si dimette per essere poi nominato Commissario dal governo fascista. Da allora fino alla caduta del fascismo Roma non avrà più un governo cittadino eletto democraticamente. Nel 1925 viene istituito il Governatorato (Governatore, vice Governatore e Segretario generale, cioè le autorità che decidono, sono nominati con decreto reale e dipendono dal Ministero degli Interni). Tranne la breve reggenza di Giuseppe Bottai (1935-’36) i governatori di Roma saranno fino al 1943 esponenti dell’aristocrazia (Spada, Boncompagni-Ludovisi, Colonna, Borghese).

Nel luglio 1923 viene nominata una nuova Commissione “per lo studio della riforma del piano regolatore di Roma” di cui fanno parte fra gli altri Giovannoni e Marcello Piacentini. Ormai si tratta di sostituire il Piano del 1909 con un altro.

Nel contesto di una dittatura ormai affermata Mussolini propugna l’ideologia della “romanità”. Perché Roma diventi la capitale del fascismo occorre ricollegarsi agli splendori imperiali, fare piazza pulita di ciò che si è realizzato “nei secoli della decadenza”. “Farete largo attorno all’Augusteo, al Teatro di Marcello, al Campidoglio, al Pantheon . . . i monumenti millenari della nostra Storia devono giganteggiare nella necessaria solitudine” proclamerà il dittatore in un discorso pronunciato in occasione dell’insediamento del Governatore Cremonesi [2]. Per realizzare Via dell’Impero il piccone demolitore comincia a lavorare dal dicembre 1926. Nei quindici anni successivi le demolizioni nella città storica saranno numerosissime.

I lavori della Commissione del 1923 si concludono l’anno successivo e sulla loro base l’ufficio tecnico comunale definisce la Variante Generale 1925-26 che “ebbe un singolare destino poiché, pur non diventando mai legge e restando quindi un documento ufficioso condizionò di fatto lo sviluppo della città” [3]. La Variante sancisce il definitivo superamento del PR 1909. E’ dimensionata per una città di 1.300.000 abitanti. Le palazzine sono definitivamente considerate un tipo edilizio di uso assai diffuso mentre le previsioni relative ai villini sono ridimensionate. L’altezza degli intensivi è confermata a 30 m e resterà tale fino al Regolamento edilizio del 1934 che la stabilirà variabile tra 25 e 35 m in funzione della larghezza delle strade. Nonostante le posizioni di Giovannoni vengono previsti molti sventramenti nella città storica, dei quali fortunatamente se ne realizza solo una parte: le demolizioni intorno all’Augusteo, quelle per l’attuale corso Rinascimento, per la via del Mare alle pendici del Campidoglio, per “liberare” i Fori Imperiali e realizzare Via dell’Impero (oggi dei Fori Imperiali). Per la viabilità cittadina erano previsti tre anelli concentrici, con quello più esterno largo 50 metri che definiva grosso modo il limite delle edificazioni previste. La Variante prevedeva ampie zone industriali nel quadrante sud, lungo la via Ostiense in riva sinistra del Tevere e nell’are di Pietra Papa in riva destra. Nell’ansa del Tevere a valle della Basilica di S. Paolo era previsto un nuovo porto fluviale.

 

IL PIANO REGOLATORE DEL 1931

Negli anni successivi alla Variante generale la discussione sull’urbanistica romana è soprattutto rappresentata dalla polemica tra due gruppi di urbanisti: il GUR (Gruppo urbanisti romani) e il gruppo che titolò “la Burbera”la sua proposta di nuovo piano per la città.

Il GUR (Piccinato, Cancellotti, Nicolosi ed altri, cui si aggiunse come capogruppo il più anziano Piacentini) propose nel 1929, in occasione del Congresso della International Federation for Housing and Town Planning, un piano basato sull’idea dello spostamento ad est del centro della città, incardinato su un nuovo asse stradale che da piazza del Popolo e dal Ponte Cavour arrivava a Termini e proseguiva utilizzando il sedime della stazione ferroviaria. Questa veniva spostata e collocata oltre Porta Maggiore. Il nuovo asse, che distingueva la parte storica della città (quartiere Rinascimento, Trastevere, Vaticano) da quella nuova (Salario, Nomentano, Viale della Regina), era immaginato proseguire fino alla nuova stazione. Nel piano si prevedevano poi una serie di centri satellite, serviti da una rete stradale e ferroviaria di tipo metropolitano.

Il piano la Burbera”, proposto da un gruppo di professionisti di impostazione accademica (Del Debbio, Fasolo, Aschieri ed altri) era completamente diverso, basato sulla riproposizione dei tre anelli stradali concentrici previsti dalla variante, e l’apertura nel centro storico di un doppio asse “cardo-decumanico” con incrocio presso S. Silvestro. La sua impostazione era assai monumentale e retorica.

Nel 1930 il Governatore, principe Boncompagni Ludovisi nomina una Commissione, da lui presieduta, per la redazione del nuovo Piano regolatore. Ne fanno parte, tra gli altri, Giovannoni, Piacentini, Muñoz e altri rappresentanti degli Ingegneri e degli Architetti. Il progetto di Piano è presentato a Mussolini nell’ottobre del 1930 e viene approvato nel 1931.

 

Dimensionamento del Piano

Il Piano si applica ad un territorio di circa 14.500 ha ed è dimensionato per un aumento di popolazione di circa 1 milione di abitanti. Prevede dunque che entro il suo termine di validità (25 anni) la popolazione della città, che nel 1931 era pari a 937.177 persone, raddoppi arrivando a circa 2 milioni di abitanti. Di nuovo la previsione di un raddoppio, analoga a quella che un quarto di secolo prima aveva formulato Sanjust e venticinque anni prima l’ufficio tecnico di Viviani. Per rispondere ad un incremento di questa entità il Piano prevede di urbanizzare ed edificare terreni per circa 4.000 ha con una densità territoriale media di circa 250 ab/ha .

 

Struttura del Piano:

 

Difficile individuare una struttura in un Piano che, in realtà, non ce l’ha, e che mira piuttosto, esplicitamente, alla massima utilizzazione dei suoli.

  • -         Il limite dell’ampliamento urbano è definito da una grande circonvallazione, più ampia di quella prevista dal Piano del 1909, che nella parte orientale coincide “grosso modo” con il tracciato dell’attuale Viale Togliatti. A differenza del viale previsto nel 1909, disegnato per servire i nuovi quartieri, quello attuale è volto a dare un margine alla edificazione e non a ridurre il traffico di attraversamento del centro storico.
  • -         La crescita intensiva e prevalente avviene verso Est, tra la Salaria e l’Appia, dove tutte le aree libere sono destinate a intensivi o palazzine. Ad Ovest, viceversa, tra la Flaminia e la Portuense, l’edificazione è prevista soprattutto a villini. A sud, nelle due anse del Tevere tra Testaccio e la Magliana, sono concentrate le aree destinate all’industria che si distribuiscono in riva destra sui due lati di Viale Marconi e in riva sinistra lungo l’Ostiense e tra questa e il fiume. Nell’insieme tuttavia non è riconoscibile un “organismo”. Scompaiono i due grandi sistemi verdi di Tor di Quinto-Villa Ada e di Villa Pamphili-Aurelio previsti da Sanjust e la crescita non è articolata in quartieri riconoscibili, ma sparsa ovunque [4]..
  • -         Numerosissime, in alcuni casi riprese dalla variante del ’25-’26 e del tutto incuranti delle posizioni di Giovannoni, le demolizioni previste nel centro storico sia per attuare l’idea dell’isolamento dei monumenti, sia per collegare tra loro i quartieri esterni (Prati e Flaminio con Ludovisi, Salario e Nomentano) o le zone centrali a S. Giovanni e a S. Paolo.
  • -         Elemento inizialmente importante ed avanzato del Piano era il progetto del trasporto su ferro. Riprendendo l’idea del GUR prevedeva di sostituire la stazione Termini con due nuove stazioni al Prenestino e al Flaminio, dando a Termini, spostata nel sottosuolo, il ruolo di nodo di una linea metropolitana sotterranea di collegamento tra le due nuove stazioni. In superficie, al posto della stazione Termini si sarebbe realizzato un nuovo centro città, più ad Est di quello storico. Inoltre si sarebbe dovuto completare un “anello ferroviario” di collegamento fra tutte le stazioni del nodo. Il progetto per le sue difficoltà ed alti costi fu stralciato dal Piano all’atto dell’approvazione, e mai realizzato

Tipi edilizi e meccanismo attuativo:  

-     Si introducono tre nuovi tipi edilizi, destinati soprattutto a residenze per gli alti redditi, localizzati essenzialmente nei territori occidentali esterni, tra la Cassia e la Portuense

  • -              Villini signorili (si può edificare 1/6 del lotto invece di ¼ dei villini di Sanjust))
  • -              Ville signorili (1/15 del lotto contro 1/20 dei “parchi e giardini” di Sanjust)
  • -               Case a schiera (di norma di due piani, almeno 6 alloggi)  

I tipi edilizi fondamentali del Piano, quelli ai quali è affidato il compito di accogliere l’aumento di popolazione previsto, restano comunque quelli “tradizionali” e cioè le palazzine e gli intensivi. In base alla riserva di aree per singoli tipi si può stimare una distribuzione della popolazione prevista dal Piano:

  • -               580  ha per gli intensivi (pop. stimata con densità di. 500/600 ab/ha = 290.000/348.000)
  • -               1.260  ha per le palazzine (pop. stimata con dens. 350/450 ab/h a= 441.000/567.000)
  • -               1.140 a villini (pop. stimata con dens. 100 ab/ha = 114.000)
  • -               1.020 ha (stima ad altri fabbricati e ad aree non edificabili)

Si può dunque valutare che palazzine e intensivi avrebbero dovuto ospitare oltre i tre quarti della nuova popolazione prevista dal Piano.

  • -          Il meccanismo attuativo è definito con la norma in base alla quale l’attuazione del Piano (e quindi il rilascio delle licenze edilizie) avviene attraverso i Piani Particolareggiati di esecuzione, in base ai quali è anche possibile espropriare le aree “di pubblica utilità”. Ciò permette di rinviare nel tempo le decisioni esecutive ed è un modo per affrontare la grande dimensione del Piano, modo che poi entrerà nella legge urbanistica del 1942. In pratica gli espropri sono stati realizzati in misura ridottissima e i Piani sono stati redatti e approvati senza alcuna programmazione, quasi sempre con aumenti di edificazione. Assieme alla mancanza di effettiva struttura del Piano ciò ha contribuito alla crescita disordinata, senza verde e congestionata, di molte parti della città consolidata.

 



[1] Insolera, cit. p. 96. V. anche S. Garano,”La città consolidata” in Urbanistica n. 116 

[2] P. O. Rossi, cit, p. 63

[3] P. O. Rossi, cit, p. 40

[4] Inoltre la direzione di sviluppo ad Est sarà tra poco (1935) contraddetta dalla realizzazione dell’E 42 e dall’espliciota assunzione dello sviluppo di Roma verso il mare

 

 

 

Corso di URBANISTICA
Prof. Domenico Cecchini

Università degli studi di Roma
"La Sapienza"
Facoltà di Ingegneria