PROGETTO URBANISTICO E APPROCCIO PRESTAZIONALE
Antonella Campofredano
Nelle note che seguono si
indaga l’approccio esigenzial-prestazionale al tema della progettazione
urbanistica come una delle possibili nuove forme di impostazione sia a livello
di metodologia che di attuazione dello strumento urbanistico. Il tema è ancora
in buona parte da esplorare; pertanto si focalizzeranno gli aspetti più
significativi delle possibili applicazioni nell’ambito della disciplina
urbanistica prescindendo dalla tipologia di strumento e dalla scala
dell’intervento.
Non ci si riferirà
esclusivamente allo strumento urbanistico generale, ma anche al progetto urbano
nonché ai criteri per la progettazione ad essi relativi (norme, abachi e guide,
etc.).
Il ragionamento risulta così
articolato:
- nella prima parte si richiamano i temi principali della teoria
esigenziale, che ha origine da altri campi disciplinari, con alcune necessarie
puntualizzazioni di tipo definitorio relativamente ad alcuni concetti base.
- nella seconda parte si espongono sinteticamente alcune tra le esperienze
più significative di applicazioni di questo approccio al tema della
progettazione urbanistica. La riflessione verte sui possibili esiti di
un’impostazione di questo tipo sulle normative tecniche e sugli strumenti di
controllo delle trasformazioni urbane e territoriali.
Indice:
Parte prima: i concetti
generali
1. La teoria prestazionale
in urbanistica
2. Dalla produzione
industriale all’urbanistica
Parte seconda: le
applicazioni
3. Alcune esperienze di carattere prestazionale[i]
4. Norme e prestazioni
PARTE PRIMA: I CONCETTI GENERALI
1. La teoria prestazionale in urbanistica.
La teoria
esigenzial-prestazionale nasce in campi disciplinari diversi da quello
urbanistico; più precisamente nasce come normativa
tecnica nell'ambito della produzione
industriale per garantire la rispondenza, in quanto a prestazioni, di un
prodotto alla domanda di qualità da parte degli utenti secondo dati criteri. La
valutazione della qualità si basa dunque sui livelli di prestazione del
prodotto in relazione alle richieste ed alle aspettative dell'utenza.
Il termine requisito
(o caratteristica richiesta) è alla base del lessico esigenziale, così come
i termini esigenza, prestazione, controllo; la teoria esigenziale è costruita principalmente sul
concetto di prestazione: "richiedere e determinare le prestazioni è
l'operazione che sostituisce quella di definire e descrivere un oggetto in
termini fisionomici e materiali. Naturalmente tale operazione ha un senso ed un
valore se la prestazione che l'oggetto o l'elemento reale fornisce può essere
controllata. Di qui l'importanza dei controlli e dei corrispondenti
metodi di prova"[ii].
Il concetto di prestazione, in tutti i campi in cui
viene applicato, risulta strettamente connesso ad una richiesta dipendente a
sua volta da un'esigenza dell'utente.
Le prestazioni richieste ad
un oggetto[iii]
indicano i modi in cui questo risponde a tali domande; concettualmente l'iter
seguito è sintetizzabile nella successione
"bisogni-esigenze-requisiti-prestazioni-controlli"[iv],
cioè a partire dalla consapevolezza di un dato bisogno, lo si trasferisce in
esigenza e quindi in requisito di un oggetto o di un intervento progettuale. Il
mancato soddisfacimento della richiesta comporta l'adeguamento di un punto del
percorso, nell'individuazione dell'esigenza, nella formulazione dei requisiti
dell'oggetto, o nella rispondenza delle prestazioni fornite.
Sinteticamente, in campo
tecnico-scientifico si parla oggi di prestazione
sia in riferimento al funzionamento di sistemi e di processi produttivi, come
nel campo dell'ingegneria elettronica, di quella meccanica o nel campo
dell'organizzazione aziendale[v];
sia nel definire indicatori esterni e valori di accettabilità per lo
svolgimento di una data attività nello spazio e nell'ambiente interessati; un
esempio di questo tipo di indicatori è rappresentato da quelli di accettabilità
dei rumori in ambiente urbano[vi].
“Per l’International
Standardization Organization la prestazione è data dal “comportamento di un prodotto in servizio”. Le prestazioni di un
oggetto sono sempre legate al suo funzionamento, in relazione a come esso
risponde a una data richiesta compatibilmente con le proprie potenzialità”[vii].
Dato che le prestazioni sono
la risposta a una richiesta, anche le normative che nei vari campi di
applicazione regolamentano le trasformazioni possono adattarsi a tale
filosofia, indicando le caratteristiche della risposta del dato oggetto prima
ancora dei suoi caratteri costitutivi specifici. Tale ottica presuppone che un
obiettivo sia perseguibile con più soluzioni progettuali concrete, ferme
restando le indicazioni del risultato finale e delle condizioni al contorno
necessarie a tale scopo.
“La prestazione diviene così
“il comportamento in uso di un elemento riferito
ai caratteri che connotano un requisito”.[viii]
Successivamente, in tempi
piuttosto recenti, la normativa
prestazionale si è estesa anche al campo dell'edilizia ed alle relative componenti tecnologiche, come strumento
di garanzia delle prestazioni tecniche dei beni edilizi.
Secondo lo stesso
presupposto teorico, anche in questo caso i soggetti operatori manifestano le
loro richieste in termini di esigenze, di efficienza e di efficacia dei
controlli, traducendo tali esigenze in prestazioni più o meno adeguate a
seconda di quanto le procedure le soddisfano.
La sequenza logica esigenze-requisiti-prestazioni si
ritrova dunque nella struttura della normativa. "In particolare i
requisiti, espressi sia in termini qualitativi sia in termini quantitativi
(sotto forma di richieste di prestazione), e i controlli rappresentano, in
linea di principio, gli elementi costitutivi essenziali della Normativa”.[ix]
(Fig. 1)
2. Dalla produzione industriale all’urbanistica
Nel caso dell’applicazione
della teoria esigenziale al campo urbanistico, l’oggetto della richiesta
di qualità diventano l’ambiente urbano ed i suoi elementi costitutivi.
Trasferire il concetto di
soddisfacimento della qualità totale[x]
dal singolo bene (che sia un prodotto industriale qualsiasi o un componente per
l'edilizia) all'ambiente urbano,
comporta come nel caso del campo tecnologico l'individuazione di bisogni
irrinunciabili e di bisogni latenti; spesso sono proprio questi ultimi che
condizionano il livello di benessere restituitoci da un ambiente urbano.
La sensazione che si prova
nello stare a proprio agio in un luogo confortevole, sensazione non sempre
razionalizzabile nè imputabile ad una causa specifica e facilmente
individuabile, costituisce un esempio di indicatore del benessere e del comfort
non misurabile e non riducibile ad un valore numerico, un esempio, quindi, di
una categoria concettuale teorica decisamente complessa.
Alla base di alcuni
ragionamenti propri della filosofia esigenziale vi è il concetto di sistema definibile come “un insieme
strutturato di parti correlate e indipendenti, comportantesi come un tutto,
capace di trasformazione e dotato della possibilità di autoregolarsi”. [xi]
Secondo questa definizione,
pensando che ogni oggetto è in
qualche modo inseribile in un sistema, lo studio di una questione avviene
analizzandone gli aspetti costitutivi, ognuno dei quali contribuisce alla
costruzione del sistema stesso. Perciò ogni alterazione in una parte avrà delle
ripercussioni nel quadro complessivo.
“Il territorio, in quanto
scomponibile, è un sistema complesso, mentre sono elementari i sistemi non
suddivisibili. Gli insiemi strutturati di ordine inferiore vengono definiti sottoinsiemi quando la scomposizione
avviene in senso distributivo, sistemi
parziali, quando, invece, si verifica in direzione funzionale”.[xii]
L’analisi per requisiti di
oggetti, come ad esempio può avvenire per l’alloggio nel campo dell’edilizia,
per citare un argomento piuttosto noto, si basa sulla scomposizione dell’intero
organismo abitativo in spazi elementari.
Fra i concetti mutuati da
altri campi disciplinari la concezione
sistemica (insieme a quella prestazionale) costituisce un riferimento
utilizzabile, e in qualche occasione già sperimentato, nelle operazioni di
recupero.
Secondo l’impostazione
sistemica, in cui ogni azione su una parte delle variabili va valutata anche in
relazione agli effetti sulle altre, l’organismo insediativo viene considerato
come un sistema principale
articolabile in sottosistemi (fisico,
sociale, economico). Il vantaggio può essere nella valutazione tra
conservazione e trasformazione che il piano è chiamato continuamente a operare.
Inoltre tale concezione “evidenzia le relazioni spaziali” e le principali
interazioni “con gli altri ambiti che si connettono a quello fisico, riconducendo
così la natura conoscitiva-decisionale del piano-programma, piano-progetto ad
una rete di informazioni-decisioni operative”[xiii]
sui numerosi fattori che influenzano il fenomeno. In quest’ottica, pur dovendo
escludere considerazioni troppo settoriali dei fenomeni, si può meglio recepire
la dinamicità e la complessità dei fenomeni urbani.
Parlare di oggetto spazio urbano o, in senso più ampio, di ambiente urbano, piuttosto che di oggetto della produzione
industriale, porta necessariamente a considerare alcune questioni:
1. L'ambiente urbano è costituito da luoghi ed
elementi che definiscono spazi e da attività che ivi si svolgono.
La qualità di un ambiente
urbano pertanto dipende in parte dalla qualità dei singoli elementi fisici, in
parte da quella degli ambiti nel loro complesso e dalla gradevolezza percettiva
dell'insieme e comunque da un insieme di
qualità anche legate ad aspetti diversi.
2. Risulta ben più complessa la valutazione del
livello di qualità, che non è riferibile a valori di soglia universali, ma a
considerazioni che tengono conto anche dell’assetto fisico-funzionale dei
luoghi, considerazioni del tutto assenti nel caso della produzione seriale di
un singolo oggetto.
Inoltre, legata al carattere sistemico del problema, va
considerata la natura trasversale delle questioni legate all’ambiente urbano,
per cui una soluzione positiva per un aspetto può risultare negativa per un
altro.
Il punto è il controllo
complessivo delle trasformazioni del sistema e degli effetti trasversali delle
azioni sugli elementi costitutivi; il progetto urbanistico si configura allora
come strumento centrale per la tutela
della qualità diffusa e per la definizione di regole per l'uso e la
trasformazione dello spazio fisico.
3. Come detto, la logica esigenziale comporta il
confronto tra il livello di prestazioni fornite da un oggetto e quello di
soddisfacimento delle esigenze dell’utenza. Nel caso dell’ambiente urbano l’utenza è costituita dalla globalità
dei cittadini e dei fruitori dello spazio stesso. "I destinatari di un
piano per la città fisica non sono tanto precisi gruppi sociali ed economici,
bensì tutti gli abitanti che hanno con essa un rapporto d'uso; non sono solo
gli utenti di oggi, ma anche quelli di domani (...) gli abitanti in senso
stretto".[xiv] E’
evidente che questo concetto di utenza allargata aggiunge ulteriore complessità
nella definizione della qualità e nella individuazione delle esigenze.
4. Risulta essenziale il confronto con il fattore tempo.
Il piano ad un dato tempo t
deve progettare il cambiamento anche al tempo t + x. Fino ad oggi il controllo
da parte del piano nei piani degli anni ‘80-’90 si è basato molto sull’assetto
fisico dei luoghi, ricorrendo alla prefigurazione grafica della forma
auspicata.
In sede di progetto
urbanistico, sempre nell’ottica della tutela della qualità complessiva, è
necessario considerare gli effetti degli interventi previsti su ogni elemento del sistema ambiente urbano.
L'effetto positivo di
un’azione progettuale è strettamente connesso alla rispondenza delle prestazioni
di elementi singoli e complessi alla domanda dell’utenza.
Una chiara individuazione
delle prestazioni richieste agli spazi ed ai loro elementi costitutivi permette
di definire gli obiettivi da perseguire senza dover necessariamente entrare nel
merito dell’assetto fisico dei luoghi e permette di prevedere varie soluzioni,
tutte compatibili con gli obiettivi prefissati.
Come si è detto,
concettualmente nell’ottica prestazionale si parte dalla definizione dei
requisiti in relazione a determinate esigenze, per poi verificarne la
rispondenza nell'uso da parte dell'ambiente urbano e dei suoi elementi
costitutivi.
Il nodo del problema sta proprio nella determinazione delle esigenze, che sono riferite ad un dato
contesto e a richieste specifiche piuttosto che a dei valori-tipo.
Oltre alle caratteristiche
fisiche degli spazi rivestono una certa importanza anche quelle proprie della
vita sociale del sito, che influenzano i modi d'uso dell'ambiente urbano.
Se allora in campo
industriale la qualità è definita in relazione ai caratteri del bene prodotto
che riescono a soddisfare le esigenze richieste, nel caso dell'ambiente urbano la qualità si identifica con l'insieme
delle condizioni, per i caratteri della forma fisica e per le condizioni
ambientali del contesto, che permettono di fornire, in termini di prestazioni,
una risposta adeguata alle esigenze dell'utenza.[xv]
(Fig. 2)
La valutazione delle
prestazioni dell'ambiente urbano in base al livello di soddisfacimento dei
requisiti richiesti avviene, per quanto detto, in base a parametri fra loro
diversi, che dipendono da aspetti di vario tipo: funzionali, percettivi,
morfologici, socio-economici. Alcuni di essi sono riconducibili a valori
numerici, altri, non misurabili, fanno riferimento ad indicazioni, criteri e soluzioni
compatibili, basati anche su valutazioni soggettive dei luoghi in questione.
PARTE SECONDA: LE APPLICAZIONI
3. Alcune esperienze di carattere prestazionale.
Si è ritenuto utile alla
riflessione citare alcuni recenti contributi, anche di natura diversa dal piano
urbanistico, ma basati su un approccio di tipo esigenzial-prestazionale al tema
della qualità. A titolo esemplificativo si riportano alcuni casi di ricerche,
di strumenti legislativi e di esperienze di pianificazione che costituiscono una
campionatura minima e non esaustiva dei contributi esistenti. Ciò che interessa
sottolineare è che, malgrado la loro diversità per ambito di applicazione e per
modalità di realizzazione, quasi tutti hanno in comune l'attenzione tanto agli
aspetti formali quanto a quelli attuativi e gestionali.
Come si evince dalla
successiva tabella riassuntiva, nonostante l'assortimento della casistica per
tipologia, ambito disciplinare e scala di riferimento, la maggior parte degli
esempi è strutturata per requisiti, si
basa cioè sull'individuazione di un elenco di requisiti con le relative
specifiche tecniche, anche se in qualche caso (come nella normativa per il
Piano del Parco Naturale del Bussento) si presentano in una forma mista: i
criteri sono articolati per requisiti, ma lo strumento attuativo e le norme
tecniche sono costruiti per oggetti.
Le esperienze citate nella scheda riassuntiva sembrano riconducibili a
tre
tipologie principali: 1) contributo di un lavoro di ricerca; 2)
normativa tecnica di piano; 3) strumento legislativo.
TIPOLOGIA |
FORMA |
1) ESPERIENZE DI RICERCA |
testo scritto con tabelle e grafici e/o
disegni e schizzi |
2) NORMATIVA TECNICA |
testo, valori numerici e
disegni con specifiche tecniche
del requisito |
3) STRUMENTI LEGISLATIVI |
testo scritto linguaggio
tecnico-giuridico |
1)
Il primo gruppo consiste in esperienze
di studio e ricerca finalizzate alla formalizzazione di alcuni
aspetti della qualità dell'ambiente urbano visti secondo l’ottica
prestazionale.
Sono approcci di taglio
settoriale, ad esempio incentrati particolarmente sugli aspetti percettivi, o
di visione globale, come nel caso di Lynch che formula una vera e propria
teoria della qualità della forma urbana.
Il prodotto finale è in
parte un testo scritto, a volte diagrammato
rielaborando dati in forma numerica, come tabelle
e grafici, e, in qualche caso, contiene anche disegni, schizzi, messaggi grafici di effetto, ma solo a titolo
indicativo.
2)
Nel secondo gruppo si sono inseriti
casi di normativa tecnica di piano costruite su una base di tipo
esigenziale-prestazionale.
Si tratta dunque di
indicazioni prescrittive in forma numerica,
disegnata e di testo, con abachi
dei tipi compatibili, che hanno alla base una griglia di riferimento,
costituita dalla descrizione delle classi esigenziali e dei requisiti ad esse
riferiti.
Le indicazioni prescrittive ricadono nelle specifiche tecniche del requisito, cioè nelle istruzioni operative
per l'utente, rappresentato dal progettista, dall'amministrazione ed anche dal
proprietario stesso. Le specifiche possono essere specifiche di prestazione, o
specifiche tecniche e dunque oggettuali, nel momento in cui indicano forma e
tipologia.
Relativamente a questo
gruppo, del quale la casistica disponibile è ancora ridotta, l’aspetto più significativo
che preme evidenziare riguarda la struttura e l’articolazione delle norme;
queste sono costruite, sempre su griglia prestazionale, a priorità di oggetto, cioè articolate per oggetti, cioè elementi
dello spazio urbano, con indicazioni sulle prestazioni, o a priorià di requisito, cioè attribuendo ad ogni requisito alcune
specifiche tecniche e di prestazione, soprattutto nel caso di impianti
tecnologici e delle normative edilizie.
3)
Anche a livello di strumenti legislativi si rileva una
certa attenzione per l’approccio prestazionale al tema della qualità
dell’ambiente urbano.
E' intuitivo che i casi di
questo ultimo gruppo sono in forma di testo
scritto, con un linguaggio
tecnico-giuridico e pertanto poco
comunicativo per l'utenza allargata dello spazio urbano.
Costituiscono però il punto di partenza per l'innovazione concreta
nella costruzione delle indicazioni normative del piano; sono anche la
condizione irrinunciabile per la traduzione in termini prescrittivi delle
indicazioni sia quantitative che qualitative, di quelle misurabili e di quelle
non misurabili.
4. Norme e prestazioni
Le norme tecniche, oltre a
rappresentare, come detto, il presupposto principale per l’attuabilità dei
progetti urbanistici, costituiscono anche il tramite con cui semplicemente
leggere (nel caso di progetti esistenti) o addirittura orientare (nel caso di
nuovi progetti) l’impostazione concettuale che sottende al progetto, in qualche
modo la filosofia che lo guida.
Nel caso dell’impostazione
esigenzial-prestazionale questo discorso risulta ancor più interessante allo
stesso tempo per la relativa novità del tema e per la scarsa disponibilità di
sperimentazioni in urbanistica, rappresentando questo un campo ancora da
esplorare in molti aspetti; per fare un esempio, nelle forme differenti che può
prendere una struttura normativa di questo genere nel caso di tessuti esistenti
o nel caso di nuova edificazione.
Del resto proprio per
l’innegabile condizionamento dell’applicabilità del piano da parte delle norme,
l’idea di città che sottende al progetto passa per la normativa. Attraverso la
norma si dovrà dunque essere in grado, oltre che di garantire l’attuabilità
dell’idea progettuale, anche di recepire e di restituire i cambiamenti e le
tendenze in atto a livello disciplinare. Nel caso della normativa ad
impostazione esigenziale quest’ultima questione può risultare meno immediata
nella lettura dei progetti urbanistici, perchè gli strumenti concettuali a disposizione nella disciplina sono ancora
pochi, non universalmente riconosciuti e diffusi. Il rischio può essere quello
di leggere ed interpretare un piano con questa impostazione sulla base delle
conoscenze che possiamo definire, per distinguerle dal prestazionale, di tipo
tradizionale, ma non per questo poco innovative, scomponendo lo strumento
urbanistico secondo criteri non adeguati.
Alle norme di tipo
tradizionale si stanno affiancando altri strumenti innovativi nella forma del
piano che, secondo quanto riportato da Carlo Gasparrini,[xvi]
constano di tre diverse modalità di indirizzo e controllo delle trasformazioni
dello spazio urbano, a cui corrispondono tre categorie di strumenti; queste tre
modalità costituiscono nel loro complesso
la struttura normativa di tipo esigenzial-prestazionale riadattata per la
progettazione urbanistica e non sono pertanto da considerarsi alternative l’una
dell'altra.
1.
La prima modalità, quella fondamentale e strutturante di tipo prestazionale,
si basa sulla definizione di un sistema di requisiti, suddivisi in base ad
esigenze primarie, e di relative prestazioni (di tipo quantitativo e
qualitativo) richieste agli oggetti; i requisiti sono riferiti agli elementi
costitutivi dello spazio urbano e "sono da intendersi come i connotati
fondamentali e irrinunciabili (da un punto di vista tipomorfologico,
funzionale, organizzativo e/o ambientale)"[xvii]
che un determinato oggetto, una determinata parte dello spazio urbano deve
possedere nel tempo, successivamente all'intervento previsto dallo strumento
urbanistico;
2.
La seconda, di tipo comportamentale, fornisce criteri ed indicazioni relativamente
alle procedure di conoscenza, alla fase di progettazione ed a quella di
gestione mirate alla tutela delle esigenze e dei requisiti indicati; questo
tipo di strumenti si concretizza in "Guide comportamentali per la
redazione di progetti di trasformazione dello spazio urbano" rivolte ad
amministratori, a progettisti, a Commissioni Tecniche, a privati. "Il
senso di tale strumento è quello di indicare più iter metodologici che
complessivamente garantiscano il raggiungimento degli obiettivi prefissati per
l'ambito in cui si opera"[xviii].
Anche questo tipo di Guide e
Manuali è articolato in chiave prestazionale specificando per ogni oggetto le
caratteristiche che devono avere gli elementi costitutivi dello spazio urbano
per il soddisfacimento di alcuni tra i requisiti indicati che interessano
l'elemento in questione. In tal modo, indicando l'iter procedurale da seguire,
essi dovrebbero garantire sia la rispondenza del singolo requisito e sia la
coerenza del sistema generale, allo scopo di evitare che il soddisfacimento di
un requisito possa avvenire a scapito di un altro.
3.
La terza, di tipo oggettuale o delle soluzioni conformi, si basa su suggerimenti
non cogenti relativi a soluzioni tecnico-progettuali, sempre allo scopo di
garantire, con le prestazioni degli oggetti, il soddisfacimento dei requisiti
individuati; quest'ultima modalità si traduce spesso in "Repertori
progettuali di soluzioni conformi e consigliate”, sotto forma di abachi
disegnati, estensibili ad altre proposte, una volta valutata la compatibilità
con i requisiti individuati.
La forma di supporto
normativo ipotizzabile si va configurando come un sistema integrato di più
elementi, tutti mirati al soddisfacimento dei requisiti tramite la descrizione
dei vari aspetti costitutivi della qualità dell’ambiente urbano.
Ci si aspetta dunque di
trovare sempre più spesso, in casi con questa impostazione, indicazioni
progettuali sotto forma di regole morfologiche, di criteri comportamentali per
gli operatori, di soluzioni suggerite.
Verso il prestazionale?
Nell’ambito della
riflessione sulle nuove forme della pianificazione risulta interessante chiedersi
quali siano i vantaggi di piani e norme tecniche costruiti secondo l’approccio
prestazionale. Pur essendo queste teorie meno diffuse ed ancora in una fase
sperimentale, rivestono comunque un certo interesse; inoltre le riflessioni
fatte in una fase di sperimentazione possono essere più proficue per la
definizione ultima del metodo.
Ma prima ancora è bene
precisare alcune questioni a proposito della scala di sfondo a questo
scritto.
Si è già detto nella nota
iniziale che in questa sede non si fa riferimento esclusivamente allo strumento
urbanistico generale, ma anche al progetto urbano con i relativi criteri per la
progettazione. Anticipando in qualche modo le conclusioni del presente
paragrafo, il discorso sulla scala, o per meglio dire sull’ampiezza dell’area
oggetto del progetto urbanistico, è essenziale nel caso di strumenti
urbanistici di tipo prestazionale, in quanto questi risultano probabilmente più
efficaci proprio se riferiti a parti di città, a piccoli ambiti piuttosto che
ad interi centri. Sembrano più facilmente applicabili al caso della
microurbanistica piuttosto che dell’intero organismo urbano, perchè in
quest’ultimo caso le variabili da controllare sarebbero eccessive.
In questa sede si parla
quindi principalmente di progetti urbani, di progetti di parti di città
inseriti comunque in un più ampio ragionamento relativo all’assetto dell’intero
ambito. Ma si ritiene che le considerazioni scaturite da questo tipo di
sperimentazioni possano essere comunque di notevole interesse per indagare le
nuove forme del piano urbanistico.
Inoltre è bene anche
chiarire che questa riflessione sulle nuove forme di normativa tecnica non si
riferisce, come detto, soltanto alle Norme Tecniche di Attuazione dello
strumento urbanistico generale, ma anche, se non soprattutto, ai nuovi codici
del progetto urbano. Con questo termine si fa riferimento alla logica del
progetto-guida, cioè di una definizione dell’assetto morfologico-funzionale
dello spazio urbano attraverso regole costituite da invarianti e da variabili.
L’impostazione riveste un preciso interesse nel fatto che mira a recuperare e a
valorizzare la complessità e la stratificazione della costruzione della città
attribuendo al progetto urbano un ruolo di sintesi di tali aspetti.
Il discorso sulla regola si
può far risalire al 1967 quando fu introdotto da C. Alexander per la prima
volta in un’appendice del suo libro “Note
sulla sintesi della forma” [xix]
Successivamente, nel 1987,
in “A new theory of urban design” [xx]Alexander
ritorna a studiare il tema del sistema di
requisiti come guida alla progettazione, spingendo rispetto a Lynch il
ragionamento più verso la fase attuativa. Egli formula sette regole (più una overrule) con le quali sviluppa un
esperimento didattico di progettazione in un’area di riqualificazione urbana di
San Francisco; le regole prendono la forma di un insieme di norme aventi lo
scopo di portare il processo di progettazione verso una forma articolata e
stratificata del tipo di quella che ha prodotto i tessuti storici delle città
europee.
L’aspetto più affascinante e
al tempo stesso più rischioso di queste operazioni sta proprio nel punto di
raccordo tra la costruzione in progress
del programma e del progetto e la costruzione in progress fisico-funzionale della città.
Il filone di ricerca
relativo ai requisiti del progetto
urbano, oltre a quelli dei suddetti Lynch e Alexander, segna anche altri contributi in tale direzione, tra
i quali si ricordano:
a)
rimanendo nell’ambito del gruppo di lavoro della presente ricerca, le ipotesi di nuove regole per la
ricomposizione urbana formulate da E. Piroddi e P. Colarossi. Queste regole
sono espresse sotto forma di antinomia
in cui il primo termine indica l’esito auspicato e il secondo quello da
evitare. Le sei antinomie sono: 1) addizione/sottrazione, 2) complessità
semplificazione, 3) continuità/discontinuità, 4) finito/non finito, 5)
morfologia/tipologia, 6) uso/immagine.[xxi]
b) l’iter complessivo e in particolare la struttura del Pla Especial nel caso dell’esperienza
barcellonese.
Rimandando ad altre sedi per una trattazione più specifica del tema, in questo
scritto si richiamano soltanto gli elementi costitutivi del piano, e cioè criteri, pre-progetto, normativa grafica e ordinanze e i tre diversi
livelli di queste prescrizioni, dal più rigido al più elastico. I criteri
costituiscono una sorta di spiegazione sotto forma di testo scritto dei
contenuti delle norme in merito alla soluzione progettuale e architettonica
delle singole unità e all’idea di progetto complessiva. Il pre-progetto esprime
invece graficamente i contenuti della normativa mostrando anche le possibili
soluzioni progettuali ammesse e definendo un repertorio tipologico di
riferimento. La normativa grafica e le ordinanze definiscono l’assetto
morfotipologico specifico prescritto dal piano, con indicazioni di tipo
prescrittivo su altezze degli edifici e rapporto tra elementi del costruito e
spazi aperti, sugli allineamenti, sui varchi nelle fronti costruite, sui punti
di connessione tra gli isolati e la strada.[xxii]
c) le linee guida (urban and
landscape design guidelines) elaborate nell’ambito del piano di
riqualificazione dell’area dei Royal Albert Dock a Londra. Rimandando anche in questo
caso ad altri momenti per una trattazione più dettagliata del tema, si
sottolinea in questa sede l’importanza di questa esperienza come strumento per
il controllo del progetto nella fase attuativa rivolto sia allo spazio costruito
che allo spazio libero pubblico; difatti le linee guida si articolano in linee guida per il disegno dello spazio
urbano, mirate al controllo dei volumi degli edifici, della mobilità
veicolare, dell’assetto funzionale nell’area e linee guida per il disegno del paesaggio mirate alla definizione
degli spazi pubblici e dell’assetto morfologico generale dell’ambiente urbano.
Inoltre le linee guida sono strutturate in riferimento all’intera area
dell’intervento per la quale danno criteri generali fino al dettaglio per
alcune aree particolarmente significative per l’assetto dell’ambito per le
quali danno indicazioni più specifiche.
A questo proposito si
riscontrano anche altri spunti di riflessione dalle recenti esperienze francesi.
“L’ultima componente della continuità” tra la politica urbanistica degli anni
‘60-’70 e i nuovi quartieri individuata, a proposito dell’esperienza delle ZAC
in Francia, da Enrico Chapel “risiede nella sovrapposizione di un lavoro di
architettura, estraneo ad ogni considerazione urbanistica, ad un pensiero
urbano che, in fondo, non controlla gli esiti architettonici dello spazio
fisico”. A proposito della morfologia Chapel fa notare che “la riflessione
condotta dall’APUR (Atelier Parisien d’Urbanisme) si limita alle sole
specificità orizzontali del luogo e non si conclude in una proposizione
morfologica ricca anche della sua complessità architettonica”.[xxiii]
Come in ogni programma di
interventi progettuali, anche per quanto riguarda i criteri-guida è necessario
un elemento unificante che dovrebbe essere lo
spazio pubblico. Del resto alcune esperienze europee dimostrano che questo
costituisce una garanzia di autenticità rispetto ai valori della comunità residente nella città luogo degli interventi.
Ad esempio a Villejuif
(Francia) il progetto nasce proprio dall’esigenza di sistemazione degli spazi
esterni. Il tema ha poi costituito lo spunto per la definizione di regole per
la trasformazione dello spazio urbano, arrivando fino ai confini con la
sistemazione architettonica di alcuni elementi (attacco a terra degli edifici
secondo le soglie definite da Chemetoff), cosa che dimostra ancor più la natura
unificante dello spazio pubblico come luogo, nel progetto urbano, del dialogo
attualmente piuttosto raro, tra architettura e urbanistica.
La morfologia dello spazio urbano
Il tema della morfologia è di importanza determinante e non può non occupare
una posizione centrale nella riflessione su regole e normative in relazione
alla qualità urbana, che dipende in maniera sostanziale dall’assetto fisico dei
luoghi. Saranno dunque essenziali gli strumenti a disposizione per il controllo
della qualità dei luoghi nel piano generale e nel singolo progetto urbano.
“Se, perciò, la qualità
della città è anche qualità morfologica, lo strumento urbanistico deve essere
in grado di controllare la qualità morfologica dell’intervento, anche nel corso
del tempo, (...) anche nella probabile pluralità e diversità di operatori che
intervengono”.[xxiv]
La morfologia, che rappresenta l’aspetto più complesso nella gestione
della qualità fisica e della bellezza delle città, costituisce la differenza
sostanziale delle norme urbanistiche rispetto alle normative tecniche di area
tecnologica. La qualità morfologica non è sempre quantificabile e riconducibile
a caratteri oggettuali, nè facilmente definibile, ma al tempo stesso è proprio
l’aspetto che restituisce la “bellezza” e la “qualità” di un insediamento urbano.
Nella consapevolezza che la
sola zonizzazione è insufficiente a “governare la qualità morfologica”, si sta
diffondendo la convinzione dell’essenzialità di introdurre “un campo di
indicazioni e prescrizioni su aspetti morfologici del progetto di intervento,
le cosiddette norme morfologiche, o
in termini più estensivi, regole per l’edificazione” che,
includendo anche la zonizzazione, costituiscono “il complesso di indicazioni e
prescrizioni, disegnate e scritte, che forniscono la guida, anche morfologica,
all’attuazione del progetto”.[xxv]
Nel ripercorrere le ultime
vicende elettorali a livello comunale, Bernardo Secchi individua “due
concezioni della natura dei problemi urbani e del posto dell’urbanistica nella
società”. Secondo la prima, che considera il diritto come elemento centrale, la
costruzione dell’urbanistica si identifica “con la definizione di regole nelle
quali si possa consensualmente riconoscere l’interesse generale e che si
rappresentino entro codici, singole leggi o norme”. [xxvi]
Il risultato di tale
concezione è la stratificazione di norme, leggi e decreti che sono state
attuate con profondo ritardo o, per reazione, addirittura disattese, per cui a
molti degli eventi urbanistici dell’ultimo trentennio non è corrisposta una
applicazione delle leggi ordinarie, semmai leggi straordinarie, leggi speciali
o sanatorie.[xxvii]
La seconda concezione, che
considera l’interesse come elemento centrale, “identifica la costruzione
dell’urbanistica” con l’orientamento di energie ed interessi verso
“l’organizzazione contrattuale dello scambio, verso obiettivi se non
universalmente condivisibili, almeno tra loro compatibili”. Le due concezioni
dovrebbero essere considerate e ben identificate, secondo Secchi, nei nuovi
piani e nei progetti urbanistici; lo stesso Secchi individua proprio nello
studio “tramite abachi, schemi, disegni delle prestazioni fisiche“ degli
elementi costitutivi dello spazio urbano (che definisce “materiali”) il nodo
centrale da esplorare. La qualità urbana verrebbe dunque affidata a indicazioni
normative dettagliate su tali “materiali”, non sempre riconducibili ad un
riferimento giuridico.
L’idea sembra comunque, pur
con le dovute differenze, orientarsi da più parti verso la definizione di
regole per definire le prestazioni dello spazio urbano attraverso il progetto
inteso come sondaggio progettuale.
Nel caso dunque di normative urbanistiche ad impostazione esigenzial-prestazionale,
oltre alle indicazioni di tipo puramente numerico e definitorio (indici,
densità, limiti, etc.) si dovranno necessariamente considerare gli aspetti
morfologici di cui si è detto, insieme ad aspetti legati alla struttura
socio-economica ed ai valori testimoniali;[xxviii]
questi avranno dunque la forma di guide
per il buon progetto, nel rispetto degli elementi costitutivi del contesto
esistente.
Questo fatto costituisce
anche un indicatore del cambiamento di atteggiamento nei confronti del piano e
delle relative norme tecniche visti come elementi dinamici nella forma e nei
tempi di attuazione.
Gli elementi di questo
diverso atteggiamento si possono sintetizzare in alcuni punti essenziali:
- la perdita del carattere
omnicomprensivo e definitivo del piano;
- la considerazione del
fattore tempo come elemento dinamico che accompagna l’intero processo di piano;
- la conseguente
individuazione di più velocità nell’attuazione dei piani, tramite il
riconoscimento di elementi prioritari ed elementi secondari;
- la consapevolezza
dell’utenza del piano come fattore in continuo cambiamento;
- il nuovo modo di
articolare le fasi di acquisizione delle conoscenze e delle analisi;
- la considerazione della
qualità dell’ambiente urbano come fattore complesso condizionato da più
aspetti;
- il tema della scala dei
progetti e delle norme: la produzione di piani generali che si spingono con le
norme fino ai limiti del progetto attuativo e le realizzazioni significative
anche a livello di progetto urbano.
Tale cambiamento di
atteggiamento e la conseguente utilizzazione di strumenti prestazionali
presenta alcuni aspetti significativi
che, si noti, non sono tutti attribuibili esclusivamente a piani e norme con
questo approccio e dunque alternativi a strumenti di altra impostazione, ma
aiutano a trovare il senso e l’utilità della sperimentazione su questi temi.
Gli aspetti peculiari sono
riconducibili ai seguenti fattori:
a) Ampiezza
dell’area di studio. Un piano prestazionale
è pensabile, come tutti i piani, per ambiti di diversa ampiezza, dall’intero
territorio comunale, al centro urbano, a parte di un ambito più ampio. Come già
illustrato nel punto precedente è pur vero che al momento le sperimentazioni
attuate riguardano principalmente casi di piccola scala, se riferiti ad un
ambito ben delimitato (PSER, Piani di Recupero di Morigerati e Sicilì), o
normative tecniche di livello regionale (NTR-ER, UNI).
b) Rapporto col
tempo in relazione al controllo. E’ proprio nella natura delle norme
tecniche lo scopo di esprimere e di garantire l’attuazione delle prescrizioni
di piano nel tempo di validità di questo; risulta pertanto essenziale la forma
di comunicazione delle intenzioni del piano nelle suddette norme. Nel caso
della normativa prestazionale vengono descritte appunto le prestazioni
richieste allo spazio urbano dai vari punti di vista (i requisiti) individuati
sotto forma più di risultato finale da perseguire piuttosto che di indicazione
precisa nel tempo dato. La natura delle norme prestazionali sembra più adatta
ad un tipo di gestione del piano nel tempo, spesso affidata a soggetti gestori
diversi; essa tutela maggiormente le intenzioni del progettista nella redazione
del piano perchè aggiunge alla necessaria descrizione oggettuale dei risultati
da ottenersi e delle modalità per raggiungerli altri aspetti relativi sempre ai
risultati finali, che non sempre però ne specificano i modi per ottenerli. Si
garantisce dunque il risultato e non sempre le modalità e le procedure per
raggiungerlo.
c) Utilità delle norme come guida procedurale ai
progettisti.
Per quanto appena detto le norme, oltre a fornire indicazioni di vario tipo
(oggettuale, soluzioni conformi consigliate, ecc.), possono diventare un
riferimento per i progettisti che interverranno nella fase attuativa del piano,
presumibilmente in tempi differenziati.
d) Garanzia della omogeneità formale
dell’attuazione. Soprattutto nel caso in cui si tratti di un ambito unico da scomporre
in varie sottoparti, i criteri generali delle norme permettono di garantirsi
alcuni requisiti minimi
nell’attuazione (la cui carenza snaturerebbe l’idea del piano), anche se questa
dovesse avvenire per parti ed in fasi differenziate.
e) La lista di requisiti come riferimento durante la
progettazione e come lista di controllo ex post. La lista presenta una
duplice utilità: in parte, come detto anche al punto c), serve a dare
omogeneità formale e procedurale alla progettazione, in parte può funzionare
come lista di controllo dei progetti da parte dei soggetti gestori pubblici per
verificarne la rispondenza ai criteri comuni precedentemente indicati nel
piano.
f) Considerazione di aspetti propri di altre
discipline.
La prescrizione della rispondenza a determinati requisiti è spesso estesa anche
ad aspetti propri di altri ambiti disciplinari; il riferimento alla lista di
requisiti garantisce la valutazione anche di altre questioni a volte trascurate
nei piani urbanistici (igiene ambientale, ecologia, ecc.).
g) La forma delle norme. L’aspetto più significativo
e forse quello che le differenzia di più dalle altre norme è la forma con cui sono costruite e
scritte che non è più come “il tradizionale articolato di prescrizioni
oggettuali scritte del tipo così non si
fa/si fa così affidato ad una indecrifrabile soggettività del
pianificatore,”[xxix] ma è
relativo al risultato finale da raggiungere eventualmente solo con le
specifiche sulle procedure per ottenerlo.
BIBLIOGRAFIA
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[i] La parte finale del punto 2 e il punto 3 sono inseriti in un lavoro dal titolo “Le nuove forme di normativa tecnica del piano urbanistico: l’approccio esigenziale-prestazionale”, presentato alla XV Conferenza AISRe, Matera, 1994.
[ii] “NTR-ER Normativa Tecnica Regionale dell’Emilia Romagna”, coordinatore Ing. Elio Piroddi, 1978, pag. 12.
[iii] La definizione di oggetto è, in questa sede volutamente generica; in realtà il campo di applicazione può variare a seconda del tipo di oggetto a cui è richiesta una prestazione.
[iv] La sequenza “bisogni-esigenze-requisiti-prestazioni-controlli” è parte della letteratura dell’approccio prestazionale ed è riscontrabile in molti studi e ricerche.
[v] Si vedano le numerose definizioni che fornisce il “Dizionario enciclopedico scientifico e tecnico” di Mc Graw-Hill, Zanichelli, 1980: 1. Prestazione [elab], 2. Prestazioni [ing], 3. Prestazioni di esercizio per servizio continuato [elettr], 4. Prestazioni di un raddrizzatore [elettron], 5. Prestazioni nominali del ventilatore [ing mecc], 6. Prestazioni standard [ord ind].
[vi] A tale proposito si veda: Cosa M., “Il rumore urbano e industriale”, Istituto di Medicina Sociale, Roma, 1980.
[vii] Caniglia Rispoli C., “Il concetto di prestazione in urbanistica” in “Potenzialità urbanistiche del criterio prestazionale”, atti della 1ª giornata di studio, Facoltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari, 15/4/1983, pag. 13.
[viii] Norma UNI/CE 7867 “Terminologia per requisiti e prestazioni”.
[ix] “NTR-ER Normativa Tecnica Regionale dell’Emilia Romagna”, coordinatore Ing. Elio Piroddi, 1978, pag. 13.
[x] Le verifiche in campo industriale e tecnologico si basano sulla strategia aziendale della Qualità Totale secondo la quale sono individuabili più livelli di qualità riferiti: a) alle prestazioni minime, b) alle prestazioni superiori alle aspettative dell’utente, c) alle prestazioni superiori alle altre che inducono l’utente a preferire il prodotto ad un altro sul mercato.
[xi] Zaffagnini M., “Per una progettazione esigenziale”, in “Progettare il prestazionale”, cap. 6,
[xii] Idem, pag. 225.
[xiii] Di Battista V., “La concezione sistemica e prestazionale nel progetto di recupero”, Recuperare n° 36, 1988, pag. 404-417.
[xiv] Gabellini P., “Nuovi piani: questioni aperte”, Urbanistica n° 95, 1989, pag. 39-42.
[xv] Losasso M., “La qualità dell’ambiente urbano”, in Commercio e città (a cura della Camera di Commercio di Napoli), Napoli, pag. 318.
[xvi] L’articolazione che segue è ripresa da: Gasparrini C, “L’attualità dell’urbanistica”, Etas, Milano, 1994, cap 13.
[xvii] Art. 3 “Contenuti prestazionali, comportamentali e oggettuali delle norme” delle NTA del Piano di Recupero del Comune di Morigerati (SA).
[xviii] Idem, art. 3.
[xix] Alexander C., “Note sulla sintesi della forma”, Milano, Il Saggiatore, 1967.
[xx] Alexander C, Neis H., Anninou A.,
King I., “A new theory of urban design”,
Oxford University Press, Oxford, 1987.
[xxi] Piroddi E.-Colarossi P., “The urban
project: from fragmentation to recomposition”, in Architecture and Behaviour,
vol. 7, n° 4, 1991, pag. 367-374.
[xxii] Infussi F., “Barcellona: la Vila Olìmpica e la modificazione della città”, in Macchi Cassia C. “Il grande progetto urbano”, NIS, Urbino, 1992, pag. 185-207.
[xxiii] Chapel E., “Parigi: progetti di ZAC”, Casabella n° 581, 1991, pag. 42-59.
[xxiv] Colarossi P., “Interventi di centralizzazione della periferia: il caso di Roma”, pag. 29, in rapporto del gruppo nazionale di ricerca su: “Il recupero delle periferie urbane” coordinatore centrale: E. Piroddi, Roma, Esagrafica, 1992.
[xxv] Idem, pag. 29.
[xxvi] Secchi B., “Nuove regole per le città”, Casabella n° 604, 1993, pag. 20.
[xxvii] Ne sono un esempio: l’intervento straordinario nel Mezzogiorno, la vicenda del condono le risposte spesso inefficaci alle emergenze ambientali, i ritardi diffusi nella perimetrazione delle aree mteropolitane secondo le indicazioni della L. 142/90, etc.
[xxviii] L’affermazione che può sembrare ovvia, nel senso che è evidente che un piano urbanistico si occupi della morfologia dei luoghi, si riferisce alla originaria formulazione di normative tecniche ad impostazione esigenzial-prestazionale che considerano aspetti puramente tecnico-funzionali. La riflessione che si sta proponendo verte proprio sulla trasposizione di tali concetti alla disciplina urbanistica e sui cambiamenti necessari nelle strutture normative.
[xxix] Gasparrini C., “La normativa di riqualificazione nel rapporto tra piano e progetto”, in AU-Tecnologie n° 10, pag. 89-95.