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IL PROCESSO DI PIANIFICAZIONE

(1993-2001)
 

 

1. L'avvio: ricostruire la disciplina

 

L'8 dicembre 1993 si insedia la nuova giunta di centro sinistra. Tre giorni prima i romani avevano scelto, per la prima volta nella loro storia con elezione diretta, il sindaco Francesco Rutelli. L'elezione diretta dei sindaci avrà a Roma, come in altre grandi città italiane, effetti positivi, sull'amministrazione dell'urbanistica e sarà all'origine di un periodo di rinascita urbana.

In una città in cui si erano moltiplicati fenomeni di corruzione la nuova Amministrazione ha “l'ambizione di restituire rilievo civile e dignità morale ad una disciplina del cui rinnovamento si sentiva bisogno da tempo . . .” [1]

A rendere non retorico, ma concretamente raggiungibile un tale obiettivo concorrono diverse circostanze. Il clima di rinnovamento nella città; un Sindaco attento ai temi dell'ambiente, della città fisica, dell'architettura e del decoro urbano che l'elezione diretta rende più autorevole; l'unificazione di tutte le competenze attinenti al territorio in un unico assessorato. L'insieme di questi fattori renderà possibili azioni di riforma incisive [2] .

Nella nuova amministrazione è radicato il convincimento che un nuovo piano urbanistico sia necessario: quello da trent'anni vigente è superato, addirittura dannoso alla città. Il programma del sindaco prevede un nuovo piano da articolare in due livelli: metropolitano con valenza di “schema direttore”, e circoscrizionale con valenza prescrittiva sugli usi dei suoli. Non meno radicato, nella squadra di tecnici che guiderà la nuova gestione urbanistica, è il convincimento che i piani precedenti, soprattutto quando hanno puntato sul rinnovamento dell'organismo urbano, sono stati “traditi” dalla loro successiva gestione: occorrerà evitare di produrre “piani di carta” ed agire sull'intero ventaglio delle attività che presiedono alle trasformazioni della città fisica. Iniziando a riformare con rigoroso pragmatismo sistemi e procedure in contrasto con le regole elementari della correttezza amministrativa e della tutela ambientale.

Che si sia di fronte ad una nuova gestione del territorio romano è chiaro da subito. A cinque giorni dall'insediamento il responsabile dell'urbanistica presiede alla prima demolizione di edifici abusivi in costruzione. L'episodio fa scalpore per la sua novità e perché l'azione è ostacolata da un noto esponente della destra romana che siede in Consiglio comunale. L'impegno contro il nuovo abusivismo, che caratterizzerà l'azione delle giunte Rutelli e poi di quelle Veltroni, non è un fatto isolato ma componente essenziale di un “patto” con le associazioni dei residenti nelle ex borgate abusive (“zone O”), basato sulla loro attiva collaborazione al contrasto con qualsiasi forma di nuovo abusivismo e sul contestuale impegno dell'amministrazione nella riqualificazione delle borgate. Patto che avrebbe resistito anche al nuovo condono edilizio, promulgato di lì a qualche mese dal governo di centro destra e fonte di una drammatica ripresa di abusi, cui farà seguito una intensificazione del contrasto e delle demolizioni da parte della giunta (v. diagramma seguente).

 

 

Analogo impegno viene profuso nella riorganizzazione e moralizzazione di uno dei settori più discussi dell'amministrazione: l'ufficio per il rilascio delle concessioni edilizie. Vengono affrontate con energia le questioni che ne avevano reso l'attività opaca ed emblematica della “cattiva gestione urbanistica”: risolta l'annosa questione del “pregresso”, cioè di migliaia di progetti che giacevano nella discrezionalità degli uffici rendendo impossibile l'applicazione di trasparenti criteri cronologici nell'esame delle nuove domande; nominati i “responsabili unici del procedimento”, previsti dalla riforma del '90 ma mai insediati; risanata e messa a nuovo la sede degli uffici all'EUR, il cui degrado fisico era emblematico, agli occhi di tutta la città, di un altro degrado non meno grave; semplificate le procedure e nominata con criteri trasparenti una nuova Commissione Edilizia, i cui membri passano dai precedenti 168 a 30, con compiti chiaramente e pubblicamente definiti.

Quanto alla pianificazione urbanistica attuativa viene avviata un'intensa attività volta a rimettere in moto gli uffici tecnici, ri orientandoli sugli obiettivi del programma del Sindaco. Dei dieci Piani di Zona ex L n. 167/1962 da tempo fermi sul tavolo del Prefetto per conflitti con le Soprintendenze di Stato, cinque vengono cancellati e cinque rielaborati secondo principi di tutela storico ambientale. Vengono accelerate le elaborazioni del PAG (piano di assetto generale delle grandi aree ferroviarie) e del programma pluriennale per lo SDO (sistema direzionale orientale) entrambi previsti dalla legge per Roma Capitale ed orientati, il primo, alla riforma del trasporto pubblico incardinata sul riuso, in chiave metropolitana, delle linee FS e il secondo a ripensare radicalmente l'impostazione dell'asse attrezzato. Per rendere concreto il “patto con le periferie” e far corrispondere all'azione di repressione dell'abusivismo una offerta legale di abitazioni con tipologie non intensive, si dà impulso alla redazione dei Piani particolareggiati per il recupero delle Zone O, da tempo sostanzialmente fermi, attivando centinaia di riunioni nei singoli quartieri. Contemporaneamente si pongono allo studio i nuovi “programmi complessi” [3] che costituiranno il versante innovativo della strategia di riqualificazione delle periferie.

Quanto alla pianificazione generale, la situazione è non meno disastrosa di quella degli altri settori. Due varianti generali – quella “di salvaguardia” che, dopo anni di mobilitazioni ambientaliste era stata adottata nel 1991, e quella per le aree da destinare a “verde e servizi” – sono ferme da anni senza neanche istruttoria delle osservazioni. Per il 3° PPA (il 2° è scaduto da tre anni) il Comune era stato commissariato dalla Regione e occorrono sei mesi di incontri per ottenere il ripristino della competenza. Non vi è mai stata alcuna effettiva perimetrazione né delle Zone Territoriali Omogenee né del centro abitato. L'intero sistema degli strumenti di pianificazione generali versa in una situazione di incertezza, incompletezza e “sospensione”: per superarla occorreranno quasi due anni di duro lavoro [4].

 

5.2. Indirizzi generali e struttura del nuovo piano

 

Tra la fine del '94 e l'inizio del '95, superata la prima fase e restituita credibilità all'azione urbanistica, si definiscono gli indirizzi dei prossimi anni [5].

Essi si fondano sull'assunzione, dichiarata fin dai primi giorni, dei valori della storia e della natura come fonti di ispirazione e “vere e proprie invarianti della nuova urbanistica” [6]. Valori che costituiscono fondamento dell'identità stessa della città e della sua area metropolitana, fonti del suo vantaggio competitivo rispetto alle altre grandi città europee, criteri cui ispirare sempre la pianificazione e la progettazione urbana.

Muovendo da questa solida base il discorso inizia facendo i conti con il cuore del PRG del '62: il vecchio asse attrezzato, da tempo rinominato SDO. La legge per Roma capitale del '90 imponeva la redazione di un programma pluriennale per l'acquisizione delle aree attraverso esproprio [7]. La nuova amministrazione adempie al dettato finora inapplicato, ma lo fa sulla base di una idea radicalmente diversa da quella del piano del ‘62. Dopo trent'anni la crescita urbana “è andata ben oltre le aree destinate alla localizzazione del Sistema Direzionale . . . e lo stesso decentramento spontaneo di attività terziarie e direzionali ha un raggio in molti casi ben più ampio della distanza che separa le aree SDO dal centro storico”. Alla scala metropolitana quella che trent'anni prima sarebbe stata una operazione di decentramento direzionale si trasformerebbe ora nel suo contrario. Di più. Nel tempo i rapporti tra i vecchi comprensori dello SDO e i tessuti urbani circostanti si sono consolidati divenendo più forti di quelli tra i quattro comprensori stessi (Pietralata è molto più “vicino” a Piazza Bologna che a Centocelle). Un'autostrada urbana che pretendesse di collegare i comprensori tra loro sarebbe insostenibile per gli effetti ambientali e inaccettabile per lo sventramento di tessuti urbani consolidati.

A quanto era già scritto nel programma del sindaco si aggiunge ora una considerazione più pregnante e fertile di conseguenze. Nella metropoli contemporanea è' da tempo esaurita la possibilità di specializzare un distretto in attività direzionali [8]. L'epoca dei CBD o della Défense è da tempo conclusa: non solo perché l'esperienza di centri direzionali affollati nelle ore di ufficio e deserti nelle altre è generalmente rifiutata, ma perché nella nuova “economia dei servizi” è l'intera area metropolitana a qualificarsi come “sistema direzionale”. Non di un unico distretto ove concentrare uffici e sedi direzionali c'è bisogno, ma di una pluralità di localizzazioni direzionali, di sedi di attività e di produzioni di servizi avanzati che si integrino nelle periferie e contribuiscano alla loro qualificazione in senso non esclusivamente residenziale. E che siano collegate non da autostrade urbane ma da una rete di trasporto collettivo efficiente e non inquinante. Nel dibattito sul progetto Direttore 1995 c'è già l'idea del modello di assetto metropolitano policentrico. I vecchi comprensori direzionali vanno dunque radicalmente ripensati facendone occasioni di qualificazione dei contesti urbani e accelerando la realizzazione di nuovi insediamenti dove il trasporto su ferro è già arrivato, come a Pietralata.

Nei mesi successivi, tra il febbraio e l'aprile 1995 prendono forma le linee fondamentali di quella che sarà la “struttura” del piano nuovo.

Si inizia con il tema del grande spazio aperto, dell'agro romano. Viene formalmente recepito lo schema di piano regionale dei parchi e delle riserve naturali e si definiscono, in collaborazione con l'assessorato all'ambiente del Comune, le prime proposte di perimetrazione per quattro aree protette [9]. La nuova pianificazione parte dal disegno del territorio “non urbanizzabile”. Definisce anzitutto, in un contesto esplicitamente metropolitano e regionale, il sistema di spazi aperti, di valori naturalistici e storici, che negli anni seguenti, progressivamente approfondito, esteso e completato, diventerà “rete ecologica” e sistema ambientale nel nuovo piano regolatore.

 

Pochi giorni dopo, nella stessa sessione urbanistica del Consiglio Comunale, viene approvata la proposta di localizzazione dei sei programmi di riqualificazione e degli 11 programmi di recupero urbano che costituiranno la forma innovativa per affrontare il tema della riqualificazione delle periferie. Si tratta dei programmi previsti dalle leggi n. 179/92 (artt.2) e n. 493/93 (art. 11) sui quali si punta per affrontare la partita decisiva della qualificazione delle periferie. Con lo stesso provvedimento vengono localizzati i 5 ambiti urbani, nei quali compiere, con percorsi di evidenza pubblica, la prima sperimentazione della partecipazione delle comunità locali e degli imprenditori, e gli 11 più vasti ambiti nei quali verranno avviati in seguito i programmi di recupero urbano.

Accanto all'approccio innovativo si deve portare a compimento anche quello più tradizionale. Sui piani particolareggiati per il recupero delle zone “O” si è accumulata una aspettativa imponente da parte dei circa 300.000 residenti. Esaudirla, compiendo la ciclopica impresa di formare e approvare ben 68 piani particolareggiati è una parte importante del “patto” con le periferie, un impegno che va onorato. Assieme alla localizzazione dei nuovi “programmi complessi”, il Consiglio comunale vota un primo gruppo di nove piani particolareggiati: inizia così un percorso molto partecipato che richiederà, per essere completato, otre cinque anni.

Infine, nella stessa sessione urbanistica, viene approvato il PAG, “programma di assetto generale per la riqualificazione degli ambiti urbani delle stazioni e delle aree ferroviarie a Roma”: uno “strumento atipico di pianificazione urbanistica” che non produce gli effetti giuridici di un piano, ma fissa gli obietttivi degli interventi per sei stazioni della cintura meridionale (Termini, Tiburtina, Tuscolana, Ostiense, Trastevere e S. Pietro) e ne definisce i rispettivi programmi di assetto.

Prende così corpo urbanistico quell'azione generale di riorganizzazione del nodo ferroviario di Roma in chiave di trasporto metropolitano, uno dei temi strategici del programma del sindaco.

 

 

 

 

La massa imponente di questi provvedimenti è rappresentata in una mappa presentata in Consiglio come quadro di riferimento alla scala metropolitana: non sottoposta al voto [10], rappresenta il “manifesto” della nuova strategia urbanistica, localizza i programmi in agenda, concentra già nel titolo l'attenzione sui temi del recupero urbano, della operatività e della dimensione metropolitana. La legenda, articolata in tre parti, corrispondenti alle tre linee di azione strategica, esprime le grandi scelte strutturali cui mira la nuova urbanistica.

 

 

 

Per il sistema ambientale indica le aree protette, i parchi e il territorio agricolo. Per il sistema della mobilità, le linee ferroviarie di superfice, FS i nodi di scambio e le linee metropolitane esistenti (tra le nuove è indicata solo quella al momento già finanziata, la B 1). Per il sistema insediativo una simbologia tipica dei documenti direttori e nuova nell'urbanistica romana che esplicitamente evita qualsiasi riferimento prescrittivo o conformativo, indica i nuovi “programmi complessi” ed anche tutti quelli che allo stato dispongono di finanziamenti già definiti.

 

5.3. Il “Piano delle certezze”

 

Nel corso del 1995 la discussione nazionale sulla riforma urbanistica e sulla necessità di una nuova forma del piano urbanistico generale si fa intensa. A Bologna l'INU presenta una proposta incardinata sul piano strutturale , non conformativo dei diritti di proprietà, con tempo di vigenza medio lungo (10-15 anni), e sul piano operativo, conformativo dei diritti e di durata quinquennale (detto perciò anche “piano del sindaco”). La proposta, da tempo presente nel dibattito nazionale, appare risolutiva per l'esperienza romana, che deve confrontarsi con la dimensione già di per sé metropolitana del territorio comunale e con dinamiche insediative, economiche e funzionali che da tempo hanno travalicato quegli stessi confini. Che avrebbe quindi necessità– come del resto il programma del sindaco prevedeva – di un “piano strutturale” di carattere metropolitano, e di piani “operativi” di carattere municipale [11].

Tuttavia i tempi del legislatore nazionale non collimano con quelli del Comune. L'anno trascorre senza concreti passi avanti mentre la scadenza della prima consiliatura (autunno 2007) si avvicina. Si decide perciò di mettere in cantiere una “prima parte” del nuovo piano, esplicitamente orientata a garantire la sostenibilità dello sviluppo metropolitano del prossimo futuro. Si spera ancora che la prossima riforma permetta di definire il piano strutturale dell'area metropolitana, e piani operativi municipali, ma intanto si vogliono assicurare la “certezza” di un sistema ambientale per la rigenerazione ecologica della città e dell'area metropolitana e l'eliminazione degli aspetti del vecchio piano, tuttora vigente, che più contrastano con i nuovi indirizzi. Questi devono essere operanti fin d'ora, senza attendere i tempi necessariamente lunghi di un nuovo piano generale, che si vorrebbe “riformato” ma che tarda a venire

Tra la fine del '95 e i primi mesi del '96 si elaborano due documenti di impostazione di una variante generale cui viene assegnato il titolo impegnativo di “piano delle certezze”.

Sotto il profilo del metodo la scelta conferma anzitutto l'approccio processuale già dichiarato in occasione del Poster Plan: solo una rigorosa coerenza tra scelte strutturali stabili nel tempo e soluzioni specifiche necessariamente flessibili, tra la concezione del piano e la sua concreta gestione, è in grado di superare la logica dei due tempi. Di garantire operatività – la lezione dei “piani traditi” è stata ben appresa – sfuggendo alla tradizionale dicotomia tra i momenti “alti” della pianificazione e quelli “bassi” della gestione. Ogni fase di avanzamento del processo costituisce momento di verifica e di apprendimento per la fase successiva.

E' confermato anche l'orizzonte definitivamente metropolitano della nuova urbanistica.

Il “piano delle certezze” che si elabora nel corso del 1996 [12] e si concluderà con l'adozione in Consiglio il 29 maggio 1997, è la prima fase di costruzione del nuovo piano urbanistico.

Sotto il profilo dei contenuti la variante generale definisce le nuove regole per due grandi ambiti del territorio comunale: quello “extra urbano” (parchi e agro romano) e la “città consolidata” (l'insieme delle zone A, B e D del piano vigente, 5% del territorio). Nella parte restante (31%), che resta sottoposta alla disciplina del vecchio piano, potranno essere avviati i programmi di recupero e riqualificazione e i progetti urbani ed anche quei piani attuativi tradizionali (PdZ e PdL) non in contrasto con i nuovi indirizzi strutturali.

 

 

Il cuore della variante generale è la definizione normativa e gestionale del sistema ambientale. A tal fine viene costituita una sede permanente di confronto con le associazioni ambientaliste che dopo mesi di lavoro su centinaia di proposte di tutela, perviene alla definizione della “ruota verde” [13]: un sistema integrato di parchi, aree agricole e verde pubblico, formato da una estesa cintura e da numerose penetrazioni nei tessuti edificati fino al centro storico [14]. Questa imponente azione di tutela ambientale, che integra e completa l'operazione avviata con le controdeduzioni alla variante di salvaguardia, sarà pressocchè integralmente approvata dal Consiglio, arrivando alla dimensione complessiva di 82.814 ha , pari al 64% del territorio comunale [15]. Oltre i ¾ di questo immenso territorio ( 63.415 ha ) hanno una destinazione agricola: destinazione che nel piano delle certezze assume esplicitamente una valenza non solo produttiva, ma anche ecologica, che, non preordinata all'esproprio, non è sottoposta al rischio di decadenza quinquennale. Per incentivare l'uso produttivo e assicurare la salvaguardia dei valori ambientali e paesaggistici vengono introdotti due nuovi istituti, il PAMA (Piano Ambientale di Miglioramento Agricolo) cui devono ricorrere aziende che gestiscono fondi superiori a 15 ha e la VAP (Valutazione Ambientale Preventiva).

L'operazione di salvaguardia ambientale è affiancata da una ulteriore riduzione della edificabilità prevista dal piano del '62 (il “residuo di piano”). Alla riduzione già operata attraverso le controdeduzioni alla variante di salvaguardia si aggiunge ora il taglio di altri 17,4 milioni di mc cui corrispondono 2.425 ha già edificabili che ora passano a destinazione agricola o a verde pubblico. In complesso le riduzioni effettutate ammontano a 55,4 milioni di mc: dunque il “residuo di piano”, stimato in circa 120 milioni di mc, risulta pressocchè dimezzato. Una scelta di questa entità, assunta attraverso due varianti generali successive, è coerente con il principio di sostenibilità assunto dalla nuova urbanistica, ed è anche confortata da una serie di indagini commissionate dal Comune sulle dinamiche demografiche e sulla domanda, residenziale e non residenziale, prevedibile nel prossimo futuro [16]. Ed implica l'assunzione del criterio, di evidente rilievo metropolitano, in base al quale eventuali necessità di ulteriore crescita che dovessero manifestarsi oltre l'orizzonte temporale del nuovo piano dovranno essere affrontate o densificando i comprensori di trasformazione urbanistica o al di là della “ruota verde”, nei territori metropolitani esterni.

Per risolvere un numero limitato di casi nei quali, oltre alla cancellazione delle previsioni edificatorie, sia necessario anche acquisire al patrimonio pubblico le aree considerate “irrinunciabili” sotto il profilo ambientale, il piano delle certezze introduce il criterio delle “compensazioni” in base al quale la previsione edificatoria viene trasferita in altri comparti, urbanisticamente e ambientalmente compatibili [17]

Quanto alle edificazioni abusive recenti, già sanate o in corso di sanatoria a causa del nuovo condono edilizio del 1994 e della successiva legislazione regionale [18], il piano evita di perimetrarli - nel convincimento che una perimetrazione ora sarebbe implicito incentivo a nuovi abusi – ma i rappresentanti nel Consiglio comunale dei titolari di lotti edificati ottengono che al piano sia allegato un elenco di “toponimi” che indicano i nuclei “da recuperare” secondo le norme vigenti.

Il piano delle certezze interviene anche nell'ambito della città consolidata identificata con le zone A, B e D del piano del '62 che si riferiscono a circa 6.700 ha e includono, oltre al Centro storico intra moenia, tessuti urbani fortemente strutturati e con maglia viaria definita.

Le zone D, che a motivo del protrarsi nel tempo dei piani particolareggiati del piano del 1931 erano particolarmente sofferenti per le alte densità e la mancanza di verde e servizi locali, sono superate: riclassificate come zone B, al loro interno viene esclusa qualsiasi nuova edificazione e le aree libere sono destinate a verde e servizi.

L'intera normativa delle zone B è rivista per una migliore tutela dei caratteri tipo morfologici dei tessuti esistenti e, al tempo stesso, per semplificare gli interventi ammissibili. In particolare, per favorire la migliore utilizzazione del patrimonio abitativo e tenendo conto della diffusa domanda di abitazioni di piccolo taglio, sono ammessi frazionamenti fino alla dimensione minima di 45 mq di superficie ultile (il limite precedente era di 150 mq!).

Infine, sempre nelle zone B, il piano delle certezze compie un'ampia verifica sul campo dell'effettivo stato della dotazione di aree per standard urbanistici e stabilisce tale destinazione per tutte le aree libere utilizzabili.

 

All'inizio del 1998, dopo la riconferma elettorale dell'amministrazione Rutelli (novembre 1997), si pone concretamente mano alla redazione definitiva del nuovo piano regolatore generale [19]. E' ormai evidente che sarà un piano “a legislazione invariata”, basato cioè sulla l: 1150 del '42 [20].

L' amministrazione dell'urbanistica prosegue secondo le linee tracciate dal poster plan e dal piano delle certezze. Particolare impulso si dà alla grande operazione dei programmi di recupero urbano e ai piani per il recupero delle ex borgate abusive (zone O). Nel giugno 2000 il nuovo piano è presentato in una conferenza urbanistica cittadina e il 20 ottobre successivo la proposta è approvata dalla giunta e viene inviata ai Municipi per i pareri. Il giorno dopo l'approvazione della giunta l'intero piano è disponibile sul sito web del Comune: nei primi quindici giorni gli accessi sono 80.000. E' anche questo un segno del cambiamento nella gestione urbanistica. Ma la chiusura anticipata della consiliatura (28 gennaio 2001) interrompe il dibattito in Consiglio comunale. Il tema del piano sarà ripreso dalla nuova amministrazione Veltroni.

 


[1] “. . . che invece è stata avvilita, negli anni della cosiddetta deregulation, dell'illegalità direi io, ricordando il condono edilizio dell'85 e quello che abbiamo dovuto subire sotto il governo Berlusconi”, (D. Cecchini, Il piano delle certezze , in Urbanistica n. 106, 1996 , p. 116; Il cantiere del cambiamento , in Lettera Urbana n.0, Comune di Roma, Assessorato alle politiche del Territorio, maggio 1994)

[2] Che il rinnovamento nell'amministrazione dell'urbanistica sia stato possibile grazie “all'unificazione in un unico assessorato delle responsabilità e competenze prima frazionate tra dieci diverse articolazioni amministrative” è chiaramente dichiarato nel primo documento ufficiale dell'assessorato . Nel settembre del 1994 le opere pubbliche e gli impianti tecnologici vengono scorporati, ma per garantire comunque l'unitarietà del governo del territorio viene istituito un Comitato per l'armonizzazione degli interventi sul territorio, presieduto dall'assessore all'Urbanistica. I danni che la frammentazione delle competenze urbanistiche in molti centri decisionali avevano prodotto nell'urbanistica romana negli anni '80 erano stati descritti efficacemente da Marcello Vittorini (M. Vittorini, Un nuovo piano per Roma , in Urbanistica n. 84, 1986)

[3] I programmi di riqualificazione urbana ex art 2 della L. 179/92 e i programmi di recupero urbano ex art 11 L . 493/93

[4] Tra i principali provvedimenti si ricordano la variante “di salvaguardia”, controdedotta e integrata portando la cancellazione di edificabilità da 20 a 38 milioni di mc, e la tutela a circa 20.000 ha , (delibere di C.C. n. 40 del 21. 2. 1995 e n. 20 del 22. 2. 1996) e la variante “verde e servizi”, controdedotta con delibera di C.C. n. 203 del 19. 9. 1995. (v. Marcelloni, Pensare la città contemporanea , il nuovo Piano regolatore di Roma , Editori Laterza, Bari, 2003, pp. 37 sgg)

[5] Indirizzi che si concretizzano in due importanti sessioni del Consiglio Comunale dedicate all'urbanistica nel febbraio e nell'aprile 1995, e nella approvazione di alcune deliberazioni.

[6] Cecchini 1994, 1996, e In cammino verso il progetto urbano, in Projet Urbain n. 22, dicembre 2000

[7] L. n. 396 del 1990 art. 8

[8] V. seduta CC del 13 ottobre 1994, dedicata al programma pluriennale. Il tema nel senso di una esplicita indicazione di “modello policentrico-reticolare assunto oggi come quadro di riferimento per la riorganizzazione dello spazio metropolitano” sarà ripreso in Comune di Roma, Assessorato alle politiche del territorio, Il recupero della città moderna – verso i nuovi piani per la città metropolitana: indirizzi programmatici per i comprensori direzionali orientali, per le aree ferroviarie e per la mobilità , xerox, aprile 1995 , p.21

[9] Il parco del litorale romano, di rilevanza nazionale ( 6.165 ha ) e le aree protette di Veio ( 6.500 ha ) dell'Insugherata ( 500 ha ) e della Valle dei Casali ( 400 ha ) di rilevanza provinciale. Il lavoro di indagine e di proposte di perimetrazione proseguirà nei mesi successivi per le altre 12 aree protette fino a confluire in un quadro organico a livello regionale con la L :R. del 1997, e nel Piano delle certezze del Comune (1997).

[10] La mappa viene presentata in Consiglio, anche se non sottoposta a votazione, come quadro di riferimento per le votazioni in ordine alla localizzazioni dei programmi di recupero e riqualificazione urbana, alle prime proposte di perimetrazione delle aree protette da trasmettere alla Regione, e delle controdeduzioni alla variante di salvaguardia.

[11] In questa direzione l'amministrazione comunale istituisce una commissione di esperti per il ridisegno delle circoscrizioni: ridotte di numero (da 19 a 13), dovranno diventare, assieme agli attuali Comuni dell' hinterland , i futuri Comuni della Città Metropolitana. Si forma, per impulso della stessa amministrazione un ufficio “per la pianificazione territoriale dell'area metropolitana di Roma” condiviso da Regione, Provincia che ha avviato i lavori per le redazione del PTC, e Comune. La prospettiva della riforma, che permetterebbe di redigere un piano di tipo nuovo, strutturale e metropolitano, sembra concreta.

[12] Il 22 febbraio 1996 il Consiglio comunale indica i contenuti che dovrà avere il piano delle certezze: disciplina urbanistica del territorio agricolo e dei parchi e delle area protette o da tutelare; nuova disciplina per le zone D del PRG vigente; standard urbanistici per la città consolidata; aree per i nuovi programmi di edilizia residenziale pubblica.

[13] Gestita da Ecomed cui partecipano, oltre all'assessore alle politiche del territorio che ne è responsabile, anche gli assessori alla mobilità, all'ambiente e ai lavori pubblici. Le proposte di tutela, indicate come “aree irrinunciabili” dalle associazioni ambientaliste, sono tutte indicate nel corpo della delibera

[14] Le principali “penetrazioni verdi” sono costituite dai parchi di Veio-Insugherata-Monte Mario-Pineto; Parco Tevere nord-Villa Ada; parco della Valle dell'Aniene-Aguzzano; parco dell'Appia antica; Parco del Litorale romano-Tevere sud- Tenuta dei Massimi-Valle dei Casali-Villa Pamphili

[15] Meno di due mesi dopo la Regione Lazio approverà la legge istitutiva dei parchi e delle aree protette che recepirà le indicazioni del Comune, confermando così l'orizzonte metropolitano assunto dal piano delle certezze

[16] La prima indagine svolta dal Cresme, “Roma, radiografia di una metropoli” indicava la domanda abitativa da soddisfare nel periodo 1995-2004 tra 215.617 e 259.564 stanze/abitanti, corrispondenti a 26/31 milioni di mc. Per la redazione conclusiva del nuovo PRG gli approfondimenti e aggiornamenti condotti hanno confermato la scelta del dimensionamento complessivo (residenziale e non residenziale) orientato al dimezzamento del residuo di piano

[17] I casi sono specificamente indicati e descritti in apposite tabelle inserite nel piano. Complessivamente il trasferimento di previsioni ha interessato previsioni di edificabilità per 3,9 milioni di mc.

[18] L'elenco dell'allegato C del piano include 55 “nuclei di costruzioni abusive residenziali sanate o in corso di sanatoria ai sensi dell'art. 2 comma 54 della legge 662/96”. A rendere cogente l'inserimento nel piano è intervenuta anche, dopo e a seguito della norma nazionale, la L.R. n. 58 del 17/12/1996.

[19] Per l'organizzazione del lavoro necessario alla materiale redazione di un piano regolatore “tradizionale” di un territorio così vasto, v. C. Patini, Il lavoro: la squadra e l'organizzazione , in Urbanistica n. 116, 2001

[20] La legge urbanistica regionale che sarà approvata alla fine del 1999 non introdurrà novità sostanziali.